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La soluzione al Problema

Come si può definire la permeabilità di un calcestruzzo in funzione della sua porosità?

Come si può definire la permeabilità di un calcestruzzo in funzione della sua porosità?

L’impermeabilità del calcestruzzo è una delle prerogative essenziali per la durabilità delle strutture nel tempo. Il conglomerato cementizio o pietra cementizia è assimilabile per natura ad una pietra naturale compatta per cui l’impermeabilità all’acqua di un marmo compatto, per esempio, corrisponde a quella di una pietra cementizia con rapporto acqua/cemento (a/c) = 0,48. L’acqua introdotta nell’impasto del calcestruzzo, necessaria per l’idratazione e per la lavorabilità indispensabile alla messa in opera, lascia nella matrice dello stesso dopo la maturazione una rete di fitti cunicoli determinandone una porosità detta della pasta cementizia, costituita dai pori del gel e dai pori capillari. La “porosità capillare” dipende dal rapporto a/c e dal grado di idratazione e varia da zero a 40% del volume della pasta. Un rapporto a/c maggiore di 0,38 prevede la permanenza di pori capillari anche dopo una completa idratazione.
I pori capillari non sono visibili se non al microscopio elettronico, il loro diametro è dell’ordine del micron (tra 0,1 e 10 micron o 100-104 nm), sono di struttura variabile e formano una canalizzazione continua interconnessa nell’ambito della matrice: la permeabilità del calcestruzzo quindi non è una semplice funzione della sua porosità ma dipende anche dalla dimensione, dalla distribuzione, dalla fisicità e continuità dei pori. Di natura ben differente è la “porosità del gel” allocata dentro le particelle solide che formano la pasta di cemento, essa ammonta al 28% del volume occupato dalle particelle stesse e non è visibile con il microscopio elettronico (da 1 a 10 nm o 0,001-0,01 micron). Alla porosità capillare si aggiunge la diffusissima presenza di “aria intrappolata” nel calcestruzzo fresco, che dovrebbe essere espulsa da una corretta compattazione del conglomerato e che crea macrovuoti (da circa 1 mm. a qualche decina di mm.). Un’altra variabile si riscontra nella “zona di transizione” cioè quella parte della pasta cementizia (spessa qualche micron o decina di micron) che si trova a diretto contatto con l’aggregato lapideo; la zona di transizione è più porosa della matrice cementizia adiacente in relazione all’acqua di “bleeding” (raccolta di acqua sulla superficie del calcestruzzo) che, durante la risalita, rimane parzialmente intrappolata sotto gli aggregati lapidei più grossi.
La maggiore o minore presenza di vuoti (capillari) intercomunicanti tra le superfici di getto opposte, “porosità continua”, tra cui possa verificarsi, per differenza di pressione idrostatica, un flusso di acqua determina la “permeabilità” di un calcestruzzo. Il coefficiente di permeabilità K (in metri per secondi) secondo la legge di Darcy è il parametro che esprime compiutamente questo fenomeno, indicando con la velocità unitaria dell’acqua l’entità del passaggio della stessa attraverso il calcestruzzo. Nel caso di rapporti a/c molto alti 0,75 il coefficiente di permeabilità è tipicamente nell’ordine di 10-10 m/s e questo valore può essere considerato rappresentativo di un calcestruzzo ad alta permeabilità. Per valori di rapporto a/c molto più bassi 0,45 il coefficiente tipico è nell’ordine di 10-11 m/s oppure per mix design particolarmente curati 10-12 m/s, permeabilità inferiori dell’ordine di questi ultimi valori sono considerate rappresentative di calcestruzzi a permeabilità estremamente bassa.